Mantidi e cacciatori di teste

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Le mantidi, ovvero gli insetti appartenenti all’Ordine Mantodea, hanno da sempre affascinato l’uomo con il loro comportamento predatorio. Questi insetti nella maggior parte dei casi hanno quello che viene definito un comportamento predatorio opportunista, ovvero attendono che una preda gli passi vicino, per poi scattare con le zampe raptatorie, catturarla con le stesse, e cibarsene. Le zampe raptatorie sono infatti la caratteristiche principale di questo gruppo di insetti, anche se non esclusiva loro (esempi di zampe di questo tipo li ritroviamo anche, ad esempio, in alcuni gruppi di Neuroptera e di Hemyptera).


(Maschio di Empusa pennata)

Fin da tempi antichissimi, l’osservazione della mantidi ha portato l’uomo ad attribuire loro svariati significati o poteri. Ad esempio, presso gli Egizi, la mantide era una figura sacra che indicava la via da percorrere ai defunti nell’oltretomba. La credenza che le mantidi avessero potere di indicare la via a chi fosse smarrito è rimasta radicata in Europa almeno fino al 1600. Il principale motivo di questa visione divina della mantide è da ricercarsi nella posa che tengono mentre attendono una preda, con le zampe raptatorie piegate in una posizione che ricorda quella di una persona in preghiera o in meditazione. Il termine “mantide” deriva appunto dalla parole greca che significa “indovino”. In Asia, invece, la mantide era vista come un animale intrepido, coraggioso e ferocemente combattivo, al punto da dare anche il nome ad uno stile di Kung Fu. Presso le popolazioni San del Kalahari, la mantide era invece un dio ingannatore, un “trickster” (un po’ come il Loki della mitologia nordica), che donò il fuoco all’uomo (ruolo che nella mitologia classica spettò a Prometeo).


(Il Libro dei Morti egizio, dove troviamo riferimenti alla mantide)

Esiste però un caso pressochè unico in campo antropologico legato alle mantidi, e riguarda le popolazioni Asmat della Nuova Guinea. “Asmat” indica una lingua, un popolo e la regione sud-occidentale dell’isola della Nuova Guinea. I nativi di quell’area geografica chiamano loro stessi “Asmat-ow”, “il popolo della terra”. Beh, come avrete intuito dal titolo di questo post, gli Asmat erano cacciatori di teste. Questo usanza ha origine dalla credenza che se una persona muore, quella persona è stata vittima delle intenzioni malvagie di qualcuno, direttamente o indirettamente tramite la magia. La decapitazione, la raccolta e la conservazione ritualizzata della testa, unite alla credenza che questa sia sede di poteri magici, sono da inquadrarsi quindi spesso in un quadro di guerra, di vendetta e del placare lo spirito del defunto. Ma cosa c’entrano le mantidi con i cacciatori di teste nella Nuova Guinea? Caso più unico che raro, questa popolazione utilizzava come simbolo della caccia alla teste, una mantide. Simboli rappresentati questo insetto li ritroviamo in numerosi manufatti Asmat, dalle prue delle canoe agli scudi. Il perché di questo simbolismo è verosimilmente da ritrovarsi nell’osservazione del cannibalismo sessuale delle mantidi, fenomeno in realtà molto più raro di quello che varie leggende urbane sulle stesse facciano pensare. Quando la femmina divora il maschio, spesso inizia dalla testa, per il semplice motivo che durante l’accoppiamento è la parte del maschio più vicina alle zampe raptatorie e alla bocca della femmina.


(Prua di canoa Asmat, con rappresentata una mantide)

Questo rapida carrellata di informazioni fornisce alcuni esempi di come l’osservazione del mondo naturale possa entrare nelle usanze, credenze e miti dell’uomo, miti che in qualche caso sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. 

 

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